martedì 7 marzo 2017

E LA BATTAGLIA CONTINUA...


In questa importante inchiesta della RAI su "Presa Diretta" viene finalmente fotografata, senza querimonie, la colpevole negligenza istituzionale e della politica in Italia. 
Gli autori,  Giuseppe Laganà ed Alessandro Macina, hanno analizzato nei dettagli la profonda carenza di politiche nazionali in supporto a quei 4 milioni, il 6,7% della popolazione italiana, che affrontano un'emergenza sociale e sanitaria nella totale invisibilità.
Si parla anche di Isee e dei recenti ricorsi che continuano a dar ragione ai cittadini contro le continue vessazioni istituzionali.

Per vedere l'inchiesta su RAI PLAY


Diverse sono le novità anche sul fronte delle persone con disabilità e sui loro familiari.

Consigliamo di leggere questi due articoli de

IL REDATTORE SOCIALE:

Non autosufficienza, caregiver a rischio salute: alleati per non ammalarsi

Non autosufficienza, caregiver a rischio salute: alleati per non ammalarsi

La non autosufficienza fa ammalare anche il familiare che assiste: è questo il punto di partenza dell’iniziativa promossa da un gruppo di “familiari alleati”, alle prese ogni giorno con la disabilità di un proprio caro. Una tabella sul “rischio salute” e un test per valutare contesto, bisogni e risorse, mettendo a punto risposte individualizzate

06 marzo 2017
ROMA – Non solo “caregiver familiari”, ma meglio ancora “familiari alleati”: alleati dei loro cari con disabilità, ma alleati anche delle istituzioni, che su di loro si appoggiano, sostenendoli in maniera quasi sempre inadeguata, per rispondere al bisogno assistenziale di chi non è autosufficienze. Di loro si parlerà stasera a Presa Diretta, nella puntata “Lasciati soli”, dedicata a non autosufficienza e assistenza: un assistenza che pesa soprattutto sulle spalle dei familiari, “caregiver” e “alleati”.
Alcuni di loro, sostenuti e accompagnati da uno psicologo con disabilità, che meglio può comprendere le loro condizioni, hanno elaborato due strumenti utile per definire e misurare le rali esigenze di ogni famiglia, nel momento in cui si pensa finalmente a una legge che riconosca e tuteli i caregiver familiari. “Definire con precisione il contesto di caregiving nel quale vive la persona con disabilità permetterebbe la precisa individuazione degli obiettivi  nello stanziamento delle risorse – spiega Chiara Bonanno, una delle promotrici, sul blog “La cura invisibile”- Diventa indispensabile, in sede di prossimità istituzionale, riuscire a valutare e definire in maniera univoca ed efficace le situazioni che richiedono interventi urgenti, sia di tipo "strutturale" che di approfondimento diagnostico,  per capire “dove” e “cosa” mettere in campo nell'intervento sociale”. I due strumenti messi a punto da questo gruppo sono una tabella sul "rischio salute" e un test per misurare fattori strutturali e carico psicofisico.
La tabella. La prima indica una serie di patologie in cui incorre frequentemente il caregiver familiare a causa dell’attività di cura e assistenza in cui è impegnato in modo continuativo. “Il legame spesso totalizzante tra il familiare e la persona con disabilità crea sicuramente un contesto di elevato stress psico fisico - afferma Elena Malagoli, caregiver familiare - Un familiare che viene lasciato solo a svolgere una continua attività di cura e assistenza è sottoposto a un elevato rischio di patologie, causate da continui sforzi fisici, dalla mancanza di riposo, specie notturno, dalla mancanza di vita relazionale e tempo per la cura di sé. Questo rappresenta un contesto di elevata criticità sanitaria e di rischio non solo per il familiare stesso ma anche e soprattutto per la persona con disabilità che viene assistita. Esporre un familiare al rischio di gravi patologie che vanno dai disturbi psichiatrici con l'aumento tendenze suicide, fino alle degenerazioni muscolo-scheletriche e neoplasie, segnala una grave negligenza istituzionale verso la cittadinanza più fragile”.
Queste difficoltà non variano sensibilmente a seconda della disabilità, ma piuttosto a seconda del contesto ambientale e delle risorse presenti nel territorio: “Le differenze non dipendono dal tipo di disabilità, ma da numerosi altri fattori e dalla loro unica combinazione – spiega un’altra caregiver familiare, Cristina Sbordoni - Un contesto di caregiving può cambiare radicalmente se, per esempio, la condizione abitativa cambia. Non mi riferisco solo all'accessibilità dell'abitazione ma anche alla dimensione ambientale che può esistere se si vive un piccolo paese dove si conoscono tutti (e dove, per esempio, tutti possono collaborare nella vigilanza e sostegno di una persona con disabilità intelletiva) o in un'area metropolitana. Ecco perché è indispensabile ‘fotografare’ il contesto individualizzato di caregiving per poter fornire la risposta giusta per quell'unico tipo di criticità".
Il test. Ed è queto, appunto, l'obeittivo del test: un’intervista strutturata che, “oltre a misurare il ‘carico di impegno’ del familiare alleato – spiega Bonanno - consente anche di individuare gli interventi operativi necessari e prioritari, per mettere in sicurezza il contesto in cui vive la persona con disabilità e il suo nucleo familiare. Vuole uno strumento operativo con il quale organizzare al meglio le risorse disponibili – continua Bonanno - selezionando quelle realmente necessarie e, quindi,  generando un regime virtuoso di interventi socio assistenziali che non grava con ulteriori oneri sulla collettività. Questo perché, indipendentemente da una norma ben fatta, occorre mettere in campo degli strumenti che valutino efficacemente i contesti individuali e che individuino selettivamente le risposte più adeguate, attivando, tra le risorse disponibili, quelle che hanno la connotazione di risposta personalizzata a quello specifico contesto. Solo così si potranno prevedere degli stanziamenti pubblici che siano reali investimenti nella produzione di maggiore dignità per le persone con disabilità”. (cl)
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Caregiver familiari, ecco il test per valutare bisogno e risorse

Caregiver familiari, ecco il test per valutare bisogno e risorse

Elaborato da un gruppo di caregiver, insieme allo psicologo con disabilità Lelio Bizzarri, misura il carico di impegno e i bisogni prioritari, per organizzare al meglio le risorse disponibili. 63 domande a risposta chiusa, per misurare “fattori strutturali” e “carico di lavoro”. Intervista allo psicologo Bizzarri

06 marzo 2017
ROMA – Caregiver familiari, ma spesso anche professionisti, o ex-professionisti, del settore socio-sanitario: sono loro gli autori del test per misurare carico e bisogni del “familiare alleato” come amano chiamare chi, come loro, presta la propria assistenza continuativa a un familiare non autosufficienza. “E’ il frutto di un lavoro complesso di confronto, durato mesi, nella quale ognuno di noi ha messo a disposizione le rispettive competenze professionali acquisite sul campo – ci spiega Cristina, una delle autrici - Elena, per esempio, ha condiviso la propria visione sistemica applicandola alla operatività nel regime di un  intervento multidisciplinare che faceva parte del bagaglio professionale di Chiara”.
Obiettivo del test è “inquadrare al meglio ogni contesto di caregiving in cui vive una persona con disabilità – spiega Elena, anche lei caregiver e autrice del test - Quindi dovrebbe essere adottato sia a livello di prossimità istituzionale (nei vari servizi) che a livello di ricerca universitaria per permettere la costruzione e la sperimentazione di risposte istituzionali più efficaci e mirate. L'abbiamo proposto anche in sede di discussione in Senato perché siamo convinti che, indipendentemente dal testo di legge che verrà elaborato, ed indipendentemente dallo stanziamento di fondi ad esso collegato, questo strumento possa permettere un cambio immediato nelle condizioni di vita sia del familiare che assiste che della persona con disabilità”.
Fondamentale, nella messa a punto di questo strumento, è stata la professionalità di Lelio Bizzarri, psicologo che, grazie alla sua disabilità, comprende particolarmente bene le condizioni e le istanze di questi “familiari alleati”.
Quale può essere, secondo Lei, la funzione di questo test?La funzione del questionario è quella di evidenziare le situazioni più critiche e di indirizzare gli interventi in termini di priorità e di leve sulle quali agire per migliorare la qualità della vita e prevenire il precipitare dello stato di salute del caregiver e, conseguentemente, della persona con disabilità e di tutto il nucleo familiare. Esso è stato concepito per fare una sorta di “anatomia” degli elementi di criticità e dell’impatto di essi in termini di stress e di mutamento dello stile di vita del caregiver. L’obiettivo finale è quello di sollecitare interventi mirati a rendere più efficiente la gestione delle difficoltà della persona con disabilità, garantendo un buon livello di qualità della vita a tutto il nucleo familiare. La filosofia di fondo è che il caregiver familiare, pur mantenendo il suo ruolo di punto di riferimento della persona con disabilità, possa essere innanzitutto tutelato nella sua salute fisica e mentale, ma anche nella possibilità di condurre una vita equilibrata da un punto di vista relazionale, sociale e di autorealizzazione.   
Come si è svolta la fase di elaborazione?L’elaborazione del questionario è partita dalle informazioni raccolte in 10 anni di attività clinica e centinaia di colloqui condotti con persone con disabilità e familiari. E’ stata così realizzata una prima stesura del questionario, poi affinato in più passaggi grazie alla collaborazione e i riscontri ottenuti da caregiver familiari i quali, a loro volta, hanno una lunga esperienza professionale nel sociale. Il contributo di questi ultimi è stato determinante nell’inserire domande che potessero ampliare più possibile l’adattabilità del questionario alle diverse tipologie di disabilità e di condizioni familiari, nel tarare i punteggi da assegnare alle varie risposte e nel rendere le domande più comprensibili e dirette possibile. Infine, sottoporre il questionario sin dalle prime fasi al giudizio di persone esperte e al contempo coinvolte personalmente è servito anche a valutare l’impatto della formulazione delle domande, al fine di evitare di suggerire le risposte o di dare una connotazione discriminatoria ad esse. 
In quante domande consiste? Quali aspetti intende sondare?Sono 63 domande, di cui però 22 sono riservate solo a quelle situazioni in cui sono presenti nel nucleo familiari più di una persona con disabilità. È strutturato in 2 sottoscale: la prima, “valutazione dei fattori strutturali”, comprende domande che rilevano lo stato di salute e l’età del caregiver familiare, la tipologia di disabilità della persona assistita, la necessità assistenziale e altri fattori che possono fungere da tampone quali il reddito del nucleo familiare la presenza di barriere architettoniche, ausili, servizi nel quartiere, ecc. La seconda sottoscala, “valutazione del carico psicofisico”, misura elementi come il numero di ore che il caregiver dedica all’assistenza, quante di queste in fascia notturna, l’impatto che ciò ha sulla qualità  e quantità del sonno, gli sforzi fisici a cui è sottoposto il caregiver, eventuali infortuni ecc. L’obiettivo di questa scala è, insomme, valutare la consistenza di condizioni che si ripetono nel tempo e che possono predisporre allo sviluppo di patologie fisiche e psicologiche connesse all’attività di assistenza del familiare con disabilità. 
Ci sono altri strumenti simili in Italia e in Europa?Non che ci risulti,  almeno per come questo questionario è stato strutturato. Strumenti analoghi sono centrati su elementi psicologici soggettivi piuttosto che sulla rilevazione di eventi manifesti, quindi misurabili. 
Quanto tempo richiederà la compilazione?La compilazione richiede tra i 15 e i 30 minuti, anche in funzione della presenza o meno di più di una persona con disabilità nello stesso nucleo familiare. 
Domande chiuse o aperte? Anonimo o personale?Le domande prevedono solo risposte chiuse, proprio coerentemente con l’intento di dare una definizione operativa degli elementi che si intendono rilevare. Inizialmente è stato ideato per la compilazione anonima, in modo che fosse agevolata l’autenticità. Tuttavia lo strumento si presta anche, come detto, ad essere utilizzato oltre che come strumento di rilevazione statistica, anche come intervista strutturata condotta da un operatore esperto, il quale sulla base delle riposte e dei punteggi ottenuti possa decidere di svolgere ulteriori approfondimenti valutativi e diagnostici o procedere a disporre interventi al fine di migliorare la qualità della vita del nucleo familiare. 
Come sarà somministrato? A quale campione pensate?Al momento le modalità di somministrazione sono ancora in fase di elaborazione. Di sicuro si dovrà cercare di sottoporre il questionario a persone che risiedono in diverse regioni d’Italia per rilevare come variano le situazioni a seconda della diversa disponibilità di servizi. (cl)
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